ABRUZZO
Abruzzo, regione del centro Italia terra di storia, natura, enogastronomia e artigianato.
A metà tra mare e monti, l’Abruzzo vanta uno dei più noti Parchi Naturali d’Italia, il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise: un paradiso incontaminato dove uomo e natura convivono armoniosamente da secoli; il tutto a poche ore di distanza dal caos della capitale d’Italia.
496 km2 dentro i quali antichi boschi e suggestivi paesaggi si estendono per quasi tutto il territorio.
Borghi antichi e aspre montagne fanno da cornice a questa incantevole regione che sembra come essersi fermata nel tempo, dando la sensazione di sentirsi altrove e distaccati dalla frenesia contemporanea.
Il parco, tra i più antichi nella della catena montuosa degli Appennini, ricopre un importante ruolo nella salvaguardia di specie come il Lupo Appenninico, il Camoscio d’Abruzzo e con solo cinquanta esemplari stimati rimasti, l’Orso Bruno Marsicano.
Cervi, caprioli, volpi, cinghiali, aquile reali fanno parte della fauna caratteristica del parco, ma una ancor più grande vastità di altre specie ne popola le acque, i cieli e la terra.
L’ammirazione per gli animali selvaggi e la voglia di immergermi in questo mondo bello, fatato, a volte crudele ma estremamente attraente ha suscitato in me il desiderio di provare a vivere la natura nella sua interezza, per riuscire a coglierne gli aspetti nascosti più estremi. Così, zaino in spalla, ho intrapreso una serie di escursioni nel Parco Nazionale d’Abruzzo, alla scoperta dei luoghi e soprattutto di me stesso.
Era il novembre del 2015 quando chiesi ai miei amici Simone e Nicolò di accompagnarmi in un’escursione alla scoperta delle terre del PNALM. Il primo amante della montagna e appassionato escursionista, sciatore e arrampicatore di pareti rocciose, il secondo con la passione per gli animali e una buona dose di esperienza sul campo: non avrei potuto scegliere compagni di avventura migliori.
La mia esperienza, al tempo, era quella di un fotoamatore (la mia conoscenza delle tecniche fotografiche era mediocre) appassionato di escursioni in montagna. Avevo iniziato da qualche anno a praticare la fotografia naturalistica con particolare attenzione ad animali e paesaggi. Allo stesso tempo avevo già discrete conoscenze delle montagne della mia regione, le Marche. Mi dilettavo nella lettura di libri sulla fauna selvatica italiana e ciò mi aveva procurato una conoscenza accademica di questo ambito, alimentando la mia passione per i lupi e per la vita della foresta. Fino ad allora non avevo mai avuto modo di osservare gli animali dal vivo, fatta eccezione per alcuni sporadici incontri dovuti al più al caso che alle mie intenzioni. Alla mia proposta di un weekend all’aria aperta accettarono entusiasti, acquistai immediatamente i biglietti per il primo volo da Londra e tornai a casa, nelle Marche, precisamente in provincia di Ancona.
Ricordo con piacere la mia euforia per l’organizzazione di quel viaggio. Mi ero da poco trasferito da Londra a Bristol per motivi di lavoro, ma, prima di cominciare con il nuovo impiego, avevo deciso di concedermi questa breve vacanza nel mio paese.
Una volta tornato a casa, dopo alcuni giorni trascorsi con la famiglia e gli amici, ci trovammo in macchina pronti per raggiungere il Parco sotto il sole di in una insolitamente splendida giornata di autunno. Dopo alcune ore di viaggio condite da genuino buonumore ed entusiasmo, arrivammo al parcheggio che affianca il sentiero scelto e, dopo aver caricato i nostri zaini, iniziammo la nostra camminata. Il primo tratto lo percorremmo all’interno di una splendida e rigogliosa faggeta in discreto dislivello. I 20kg dello zaino sulle nostre spalle si facevamo comunque sentire (teli mimetici, vestiti pesanti, acqua, cibo, attrezzatura fotografica). Fu per questo che facemmo pause regolari. Durante il nostro silenzioso cammino, improvvisamente udimmo dei rumori molto forti provenire dall’interno del bosco e così ci abbassammo per provare a capire cosa fosse, cercando di non farci notare. Un branco di cervi attraversava il sentiero davanti a noi. Erano quasi tutte femmine accompagnate da qualche giovane maschio e noi, accucciati, a qualche decina di metri, ci godemmo il loro rumoroso passaggio. Fu come trovarsi ad un incrocio nel centro città dinanzi al segnale “dar precedenza’’. Lasciarli passare indisturbati era un nostro obbligo. Accompagnati dallo scroscio di un torrente, ci dirigemmo verso una grande valle dove si trova un lago di origine naturale. Vicino al sottobosco effettuammo degli appostamenti fotografici e osservammo cervi brucare proprio sotto di noi.
Poco prima del calare delle tenebre ci rilassammo sdraiati a terra nella grande distesa erbosa e consumammo i nostri pasti. Solo dopo parecchio ci accorgemmo di esserci seduti su degli escrementi di mucca e di cervi, ormai essiccati. La cosa scatenò la nostra ilarità fino al momento di riprendere la marcia in direzione della macchina per rientrare in hotel. La mattina susseguente, dopo un lento risveglio e un’abbondante colazione, partimmo decisi per un’escursione che ci avrebbe portato su delle vette rocciose. Durante il tragitto all’interno di un bosco avvistammo molti cervi i quali, nello scorgerci, si allontanarono ordinatamente.
Dopo tre ore di salita e un discreto dislivello, ci trovammo in mezzo alle nuvole. Poco dopo il cammino si fece più duro. Ci inoltrammo nel territorio di rocce e ci muovemmo tra pareti che richiedevano particolare concentrazione. Mi arrampicai per i primi metri di roccia incredibilmente quasi senza difficoltà e raggiunsi i miei amici, i quali, grazie alla loro maggiore esperienza, avevano percorso il tratto d’alta quota con facilità. Proseguimmo per diverse creste, ma il peso dello zaino e la stanchezza accumulata salivano di pari passo con la difficoltà del percorso. Per un secondo, poco prima di un tratto che richiedeva concentrazione e tecnica, mi dovetti fermare per prendere fiato e bere dell’acqua che in quel momento era di vitale importanza. Simone ci stava aspettando più avanti, a qualche decina di metri. Probabilmente non si era accorto del mio stop. Nicolò si era fermato con me durante quella piccola pausa. Alla ripartenza, dopo le difficoltà iniziali, riuscii finalmente a dare ritmo al mio andamento, a superare le alte creste e a ritrovarmi sulla vetta per celebrare con un “batti cinque’’ e beneficiare della magnifica visuale. Lassù ci imbattemmo in una famiglia di camosci. Sono stati dei bellissimi momenti “familiari’’: ci godemmo lo show osservando i loro teneri comportamenti e scattando fotografie a distanza ravvicinata senza provocare la loro fuga. Impressionante e incantevole la loro semplicità nel saltare da una roccia all’altra con agilità disarmante in condizioni e altitudini per noi umani proibitive. Sapersi muovere con leggerezza e rapidità permette loro di proteggersi e di avere vie di fuga pratiche ed efficaci in caso di pericolo. L’incontro ravvicinato che ebbi quel giorno fu il primo in assoluto, per me, a quella distanza così ravvicinata; ne serbo ancora il ricordo nel cuore, come se fossi ancora lì a scrutarli mentre si muovono in disturbati nel loro habitat naturale.
Eravamo arrivati in cima, ma dovevamo poi scendere di dislivello verso un punto più avanti, quindi ci dirigemmo con le ultime energie rimaste verso il nostro obiettivo di giornata: un vecchio rifugio di alta quota. Dopo qualche decina di minuti arrivammo alla vecchia costruzione, attorno cui si era radunata una piccola folla di escursionisti. Dopo aver conosciuto i trekkers e trascorso bei momenti di condivisione emotiva e di pensieri con loro, prima di rimettersi in cammino ci offrirono del cibo e dell’acqua dando dimostrazione di rara gentilezza. Al calare della luce eravamo rimasti solo noi e i colori del cielo con la silhouette delle montagne in contrasto con quelle luci così definite. Decisi di salire sul monticello di fronte al rifugio con il mio amico Nicolò, per poter fotografare il tramonto da una prospettiva più elevata.
Tuttavia persi di vista il mio compagno. Percorsi in breve tempo gli ottanta metri di dislivello e mi accinsi a montare il treppiede per fare alcuni scatti quando Simone, rimasto nei pressi del rifugio, attirò la mia attenzione indicando un punto poco lontano da dove si trovava lui. Non potevo focalizzarlo perché ero molto lontano, ma intuii quasi immediatamente che si trattava di una volpe. Ne ebbi conferma guardando attraverso la fotocamera con lo zoom al massimo. Afferrai treppiede e apparecchiatura, me li misi in spalla e corsi verso il rifugio il più in fretta possibile, tanta era l’ansia di riuscire a catturare qualche scatto dell’animale con gli ultimi raggi di sole ad illuminare l’ambiente. Mi precipitai lungo una ripida discesa sassosa e mi misi prono a terra, attendendo il ritorno dell’animale. Questo bellissimo esemplare di volpe, dopo alcuni minuti, uscì da un cespuglio sotto di noi, dimostrandosi curioso e abbastanza sicuro di sé: cercava resti di cibo lasciati dai turisti proprio a due passi da noi. Riuscii a cogliere un momento speciale: la volpe rivolse la sua attenzione a me, immobile in una posizione bizzarra. Scattai più foto possibili approfittando dell’ultima luce del tramonto. Quando la tenebra infine calò, in quello strano momento in cui tutto si colora di viola, il simpatico animale si avvicinò ancora di più, tanto da portare il musetto interessato a pochissimi centimetri da me, ancora immobile a terra. Con un ultimo rapidissimo movimento acciuffò qualcosa con la bocca e se lo portò via, forse un rimasuglio di cibo lasciato dai turisti durante la giornata. Ci godemmo così questa fantastica compagnia; in fondo era domenica un po’ per tutti.
La notte fu piacevole e riposammo più che bene. Il giorno dopo concludemmo questa esperienza con il sorriso stampato in faccia. Fatica, emozioni, incontri e vertigini lasciarono nel mio cuore un segno profondo, che mi convinse a ripetere l’avventura, conscio che molte altre sorprese mi aspettavano, nella natura mozzafiato del Parco Nazionale d’Abruzzo. Questa prima escursione, insomma, fu solo l’inizio.
Writer: @ Mattia Cialoni Editor: @ Maria Costanza Boldrini